L’acqua è una nostra responsabilità
L’acqua è il principio e il nutrimento di tutte le cose, l’origine della vita. Questa l’eredità filosofica di Talete, il primo filosofo della storia del pensiero occidentale, giunto a noi attraverso Aristotele in particolare, ad essersi interrogato sull’origine della vita, cinque secoli prima della nascita di Cristo. Il primo ad averlo riconosciuto e codificato, questo principio, nell’acqua.
Ma già prima di lui ogni civiltà ha celebrato sacra l’acqua come elemento primo e vitale. Tutte le cose nella cultura occidentale sono nate dall’unione del dio Oceano con la ninfa Teti ed è proprio sull’acqua, quella dello Stige che rende immortali, che gli dèi dell’Olimpo giurano per non spergiurare, pena l’esilio dai princìpi del cosmo.
Non c’è religione, poi, che non abbia nell’acqua la sua fonte battesimale o purificatrice, simbolo di origine o rinascita.
E noi, oggi, che valore sappiamo dare all’acqua?
L’acqua all’origine della vita
La scienza nei secoli ha saputo spiegarci molte cose. Abbiamo appreso che il nostro pianeta, da enorme palla di fuoco, si sia raffreddato circa 4,5 miliardi di anni fa grazie al vapore di innumerevoli vulcani che salendo verso l’alto e raffreddatosi, è poi ridisceso sotto forma di acqua. E così ha formato immensi mari. E dai mari le prime forme di vita.
Oggi, quindi, sappiamo che la vita è nata nell’acqua. Lì si sono formati i primi esseri viventi, prima di colonizzare la terra. Sappiamo che la vita, tutta, nasce e si mantiene grazie a reazioni chimiche all’interno di ogni cellula vivente che necessitano di acqua per avviarsi.
Oggi sappiamo che ogni civiltà è nata vicino ai corsi d’acqua perché l’acqua è vita per dissetare e sfamare ogni essere vivente. Sappiamo che la vita arrivata fino a noi ha poggiato sulla possibilità di approvvigionamento di acqua dolce e sulla capacità dell’uomo di addomesticare i suoi bacini. Non serve scomodare la rivoluzione demografica che Roma antica seppe attuare con l’edificazione dei suoi acquedotti.
Ciò di cui spesso ci dimentichiamo è che, con l’aumento della civilizzazione e della popolazione terrestre, il fabbisogno di acqua è via via aumentato, vertiginosamente negli ultimi due secoli.
Quando abbiamo smesso di considerare e celebrare sacra l’acqua? Quando abbiamo iniziato a sentircene i padroni proprietari e a razziare le sue terre, alvei o deserti che fossero.
È la sua mancanza a renderla preziosa quando ne veniamo privati. È la sua sovrabbondanza a renderla catastrofica quando siamo noi a privarla dei suoi spazi.
Dobbiamo contare ogni goccia perché ogni goccia conta
We have to count every drop because every drop counts. Questo slogan è stato lanciato dall’Organizzazione metereologica mondiale (WMO) che dal 1950 fa capo alle Nazioni Unite. Si occupa di meteorologia e clima, idrologia e geofisica. La WMO fotografa che negli ultimi anni l’uso globale dell’acqua è aumentato del 600% e continua a crescere al ritmo dell’1% all’anno a causa dell’aumento della popolazione e delle sue abitudini di consumo delle risorse. All’interno di questi utilizzi, la quantità di acqua destinata all’irrigazione, quindi all’agricoltura, rappresenta il 69% di tutti i prelievi ed è una percentuale impossibile da aumentare, anzi. Rileva poi che le inondazioni e gli eventi di pioggia estrema solo nell’ultimo decennio sono aumentati del 50% e si verificano con una frequenza 4 volte superiore agli anni ’80 del secolo scorso.
Il rapporto mondiale sul clima prodotto nel 2022 dalla WMO ha insomma registrato dove siamo ora.
António Guterres, segretario generale dell’Onu, ha provato a indicare una strada per i Paesi del mondo: “Abbiamo gli strumenti, le conoscenze e le soluzioni. Ma dobbiamo muoverci. Abbiamo bisogno di un’azione climatica accelerata con riduzioni delle emissioni più profonde e rapide per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. Abbiamo anche bisogno di investimenti massicci per l’adattamento e la resilienza, in particolare per i paesi e le comunità più vulnerabili che hanno fatto il minimo per causare la crisi”. La strada, da concretizzare in azioni che decelerino lo sfruttamento del pianeta e, in particolare, l’emissione di sostanze tossiche, limiterà, ci auguriamo tutti, gli eventi estremi e il surriscaldamento del pianeta connesso alla manipolazione umana.
Ma, altrettanto fondamentali, saranno, e qui ci interessa arrivare oggi con questa riflessione, l’attenzione e il valore che sapremo dare nel concreto ad ognuna delle gocce d’acqua con cui abbiamo e avremo a che fare.
L’acqua all’origine della rinascita
Cos’è il sacro? Ciò che non ci permettiamo di demistificare, ciò su cui non siamo disposti a spergiurare, ciò a cui deleghiamo la salvezza della nostra sopravvivenza. Non si tratta più, quindi, di fare la danza della pioggia quando la pioggia non arriva. Oggi equivale a un rito col quale giustifichiamo la nostra mancanza di responsabilità o di responsabilizzazione.
Si tratta di pensarci, a quella goccia, ogni volta che apriamo un rubinetto o gettiamo acqua da un secchio dove ne abbiamo messa più del necessario. Ogni volta che azioniamo una pompa per lavare un’automobile linda, che avviamo una lavatrice o una lavastoviglie a mezzo carico, quando restiamo a cantare per ore sotto la doccia o lì lasciamo giocare i nostri bambini. E così via, fino all’acquisto di beni alimentari, e non, prodotti in maniera intensiva non sostenibile.
Pensiamo all’acqua come a un bene prezioso ed esauribile. Pensiamoci prima che finisca. Prima che la speranza di Guterres lasci il posto all’utopia.
Abbiamo il potere di cambiare il mondo attraverso le nostre azioni. Abbiamo il dovere di vivere ma anche il diritto di fare in modo che il nostro modello di vita non pregiudichi la vita di altri. Perché, ce ne siamo resi conto, noi siamo tutti gli altri, sulla faccia della Terra, anche quando porge l’altra guancia.