Il Drago che non custodisce più la montagna

Poco dopo le 21.30 del 22 agosto 2023, il Drago di Lavarone dello scultore Marco Martalar, che sull’Alpe Cimbra ha incantato per quasi due anni visitatori da tutto il mondo, è scomparso in un grande rogo. La cenere ha lasciato una ferita, niente affatto purificatrice.

Era la prima delle grandi opere che Martalar ha edificato in Trentino, a cui sono seguite La Lupa nel Lagorai , e Il Cervo in località Millegrobbe, sempre sull’Alpe Cimbra. Il suo personale contributo di reazione alla tempesta Vaia che per sempre aveva modificato anche il suo sguardo e la sua identità, avendo spazzato via i luoghi che aveva amato, percorso e abitato.

Il Drago di Lavarone era il più grande drago in legno al mondo, costato anni di pensiero, progettazione ed edificazione. L’arte è capace di trasfigurare materia dalla cenere, salvare bellezza dalla distruzione. L’arte coi e dei materiali è opera umana, di chi sa vedere nella materia della natura il potenziale di ciò che la natura ancora non ha visto. E renderla immortale.

Addolora quanto successo perché di umana sconfitta si tratta, essendo stato il Drago distrutto proprio da umana mano.

 

 

Il Drago inghiottito dalla tracotanza del suo stesso simbolismo

La parola “drago” deriva da un’antichissima parola greca che significa anche custodire. Il Drago Vaia è stato per due anni custode di questa montagna, è sopravvissuto ad altre piccole Vaia, fulmini e tempeste. Non ha mai aperto il fuoco o lanciato fiamme perché, nonostante la simbologia tardo-cristiana, lui non ha rapporti con l’inferno.

Il Drago è il simbolo sopravvissuto a tutte le culture della storia dell’uomo, così presente da essere sembrato a molti realmente esistito in qualche epoca.

Il Drago di Lavarone è realmente esistito, così come il legno di cui era costruito, quello dei boschi distrutti da Vaia, un legno che aveva vissuto così due volte. Rimangono le immagini, le foto.

Dove la mano della natura non ha potuto, ha potuto quella dell’uomo.

Il simbolo archetipico della potenza e della forza vitale, capace di proteggere i giusti, che ha il potere di agire sui fenomeni atmosferici, i mari, i fiumi e i laghi, a Lavarone non c’è più. E se mai dovesse risorgere, sarebbe un altro Drago, nato dalle ceneri di un’altra tragedia, quella di chi in una notte ha sfidato le leggi dell’uomo e della natura, per dimenticare ciò che noi vogliamo continuare a ricordare: prenderci cura della natura è l’unica possibilità di sopravvivenza che abbiamo nella natura.

Vaia. Ci fu anche un Drago per non dimenticare… Il Drago di Lavarone, un simbolo di rinascita e di speranza.