Il bostrico nella nuova geografia del bosco in Trentino
Le piogge copiose dei mesi di maggio e giugno hanno trasformato il paesaggio trentino, repentinamente.
Versanti che sembravano asciutti, asciugati, con sfumature che dal marrone secco della terra andavano al grigio della pietra e al verde appena accennato di qualche timida foglia, nel giro di pochi giorni hanno mostrato tutte le sfumature possibili di verde in onde copiose di orgogliosi ciuffi e chiome. Tante tinte e gradazioni quanto la varietà di vegetazione sbocciata.
È sembrato a tutti noi, che ci muoviamo quotidianamente tra le nostre valli, di un vero e proprio colpo di bacchetta magica, a cui non assistevamo così pienamente dall’estate del 2021.
Il verde del bosco in Trentino
Il paesaggio influenza così potentemente il nostro quotidiano e i ritmi delle nostre emozioni perché costruisce i confini e la geografia della nostra identità. È per questo che ci sono ambienti che ci fanno stare bene, quelli che cerchiamo, fosse anche per brevi periodi, e altri che ci mettono a disagio quando schiantano con caratteri che non ci appartengono o ai quali non sentiamo in pieno di aderire.
Il verde della natura è il colore della rigogliosità, della forza della rinascita, della crescita. Un colore che dona pace e benessere. Quando è associato, poi, al blu intenso di un cielo tanto liquido e denso quale quello del Trentino in estate, il mix è fatto. Il blu avvicina, lavora sulle relazioni e sulla stabilità del senso di pace, rinsalda le caratteristiche primarie di ogni comunità.
Ciò che resta dal bostrico nel bosco trentino
Eppure, sappiamo bene che la perfezione non è di noi uomini di questa terra. Che là dove vediamo un vantaggio, che non sempre è rispettoso dei vantaggi di altro o di altri – e spesso troppo poco per l’ambiente – lì ci infiliamo con l’arroganza di chi pensa di poter anche fare terra bruciata intorno che tanto il suo mondo resterà in piedi. Ci abbiamo, così, messo tanto del nostro per giocare a scacchi con le leggi della natura che pure ha il suo indomito carattere.
Dei risultati di queste partite ne stiamo vivendo gli effetti. Dalla devastazione di Vaia è nato il nostro impegno. La notte del 28 ottobre del 2019 ha squarciato e irrimediabilmente bucato la continuità del verde che apparteneva ai nostri boschi e alla nostra identità.
Come al gioco del domino, appena dopo la pandemia che ha intaccato l’uomo, è stato in contemporanea attaccato anche molto di ciò che era rimasto in vita sulle nostre montagne, dopo la tempesta. Ne abbiamo parlato pochi mesi fa nel nostro articolo dedicato al bostrico. Abbiamo, in quell’occasione, raccontato come, perché e dove questo insetto che, in condizioni normali convive con l’abete rosso, ha cominciato a vivere non più in alleanza con il suo habitat. Abbiamo raccontato quanto il lavoro di ripristino e rimozione dei tronchi caduti fosse, allora come adesso, una vera e propria corsa contro il tempo che ha impegnato il Servizio Foreste del Trentino. Un lavoro che non è mai cessato e che oggi comincia a dare i primi risultati di contenimento.
La rimozione consapevole dal bosco trentino
Oggi, che tanto verde è tornato a riempirci l’anima, torniamo a parlare del bostrico, perché dove c’è verde, alzando lo sguardo, sono rimaste chiazze di vuoto di colore. Macchie di abeti rimasti in piedi senza foglie perché senza più linfa. Alberi che sono rimasti là non per incuria o per stato di abbandono ma per calcolo, impegno e necessità.
La rimozione degli abeti colpiti dal bostrico è un’attività che appartiene alla prevenzione. Deve avvenire quando l’albero è ancora verde. È necessario monitorare e riconoscere la minaccia e la sovrabbondante presenza del bostrico quando la pianta non mostra ancora segni così evidenti di attacco. Quello è il momento in cui la pianta potrebbe non aver ancora cominciato a dichiarare guerra a quelle vicine.
Quando la pianta è seccata, le larve e gli insetti di bostrico la hanno già abbandonata e la pianta non rappresenta più una minaccia. Quest’attività di prevenzione ha impegnato studi e ricerche che non sono stati banali da mettere a sistema. La diffusione dell’insetto è stata così repentina da dare l’impressione che per ogni focolaio spento se ne accendessero altri dieci. Eppure, così tanto è stato fatto che i nostri boschi sono ancora meravigliosamente verdi.
Anche l’attività di rimozione, dicevamo, degli abeti secchi, richiede competenze e accurate valutazioni. Perché là dove le radici restano radicate al terreno, fosse anche con tagli parziali di tronchi, permettono ai versanti delle montagne di non costituire minaccia per la vita degli animali del bosco e delle nostre comunità.
La piantumazione consapevole del bosco trentino
Ci preme poi porre l’attenzione su un dettaglio che non è secondario per la sopravvivenza dell’ambiente, montano in particolare. Che fa parte della strategia adottata, non solo in Italia, non solo in Trentino, ma ogni volta che è stato necessario contrastare epidemie causate dallo stravolgimento degli ecosistemi naturali. E che ha impegnato e sta impegnando tutte le nostre attività di piantumazione.
In tutti i casi dove è possibile, e dopo Vaia è stato tanto possibile, è necessario creare boschi misti, con la piantumazione controllata di specie opportunamente selezionate e strutturate, con piante di classi di età diverse. Perché boschi così costituiti sviluppano anticorpi naturali, sono più resistenti agli attacchi e fanno da barriera di protezione agli abeti rossi, così minacciati, prevenendo la loro irreparabile perdita.
Per approfondire, ti invitiamo a leggere questo aggiornamento sullo stato dell’arte di quanto è stato fatto dai nostri custodi del bosco.