I molti usi del legno
L’autunno è alle porte e i comignoli di molte abitazioni, specialmente nei borghi più piccoli del Trentino, iniziano a emettere i caratteristici sbuffi di fumo, segno che la legna arde dentro stufe e camini. Ma il legno in Trentino non è solo legname da opera o da ardere: sono tanti gli usi “alternativi” che la tradizione locale ha riservato agli alberi e alle loro parti.
I boschi si estendono sul 63% del territorio provinciale e, per molti dei suoi abitanti, rappresentano innanzitutto una fonte di legna da ardere, che tipicamente viene tagliata durante i mesi autunnali o invernali all’interno della part, il lotto di legname che il Comune o le amministrazioni dei beni di uso civico assegnano agli aventi diritto. Il diritto di legnatico, ossia la possibilità di far legna per le proprie esigenze domestiche, ha origini antiche in Trentino ed è strettamente collegato alla considerazione della foresta come bene collettivo, gestita dall’ente pubblico in nome e per conto della comunità, che ne rimane titolare e proprietaria. Esistono dunque prescrizioni (i cosiddetti piani forestali) che indicano le modalità di taglio e la quantità di legname che è possibile prelevare in ogni particella forestale (le unità di base della gestione, grandi tra dieci e venti ettari), ma chiunque ne faccia richiesta e ne abbia il titolo può ottenere gratuitamente dall’amministrazione competente, mediante sorteggio, un’area di bosco da cui ricavare legna da ardere, che poi provvederà a tagliare autonomamente o affidandosi a terzi. Una volta abbattuti, privati dei rami e ridotti in piccoli pezzi, i tronchi verranno trasportati e accatastati sotto casa, in posizione assolata, spesso in un modo così accurato e pittoresco da diventare dei veri e propri elementi architettonici, come nel caso dei canzèi di Mezzano di Primiero, dove affascinanti cataste ornano uno dei borghi più belli d’Italia.
- La resina, “il largà”
- Legnaia a Stenico
- Il borgo di Mezzano
Anche se in molti casi gli usi tradizionali sono diventati obsoleti, nei secoli l’uomo ha ricavato dagli alberi svariati prodotti per la vita quotidiana, oltre al combustibile per scaldarsi. Un tempo, per esempio, gli aghi caduti del larice venivano raccolti per creare il starlet, il giaciglio per le mucche nelle stalle, mentre i rametti più piccoli e sottili della medesima pianta venivano legati a mazzetti e quindi utilizzati per accendere rapidamente il fuoco delle stufe. Sempre dal larice veniva inoltre ricavata una resina, in Val di Non nota come largà, che rappresentava un rimedio infallibile per estrarre i corpi estranei conficcati sotto la pelle, così come contro i dolori reumatici. A tale scopo, i larici più grandi venivano forati alla base del tronco con un apposito attrezzo simile ad una lunga spatola a trivella e quindi, una volta raccolta una quantità sufficiente di sostanza molle e appiccicosa, tappati fino all’anno successivo. La resina, di color miele, veniva estratta anche da altre conifere, come abeti e pini, e in alcuni casi distillata, dando origine alla trementina, comunemente nota come acqua ragia.
Se l’utilizzo del largà è oggi appannaggio di pochi, ancora in uso in Trentino è la raccolta di rami e strobili di pino mugo. Bruciato dalle streghe, secondo le antiche credenze, per ottenere energia e liberare gli spiriti, il legno del mugo ha effluvi benefici e balsamici anche per la moderna fitoterapia e il suo distillato di pigne, rami e gemme contiene un prezioso olio essenziale, che viene tuttora prodotto sia a livello amatoriale, sia da piccole produzioni di nicchia, all’insegna della sostenibilità che caratterizza il Trentino e i suoi “polmoni verdi”.